Da Fattori a Casorati. Capolavori della collezione Ojetti

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Banco di prova, davvero complesso, è il tentativo di ricomporre un’importante collezioni, quella del noto scrittore e critico Ugo Ojetti, per trent’anni responsabile delle pagine culturali del Corriere. Un’impresa ai limiti dell’impossibile in ragione dell’impegno necessario per ricostruire uno spaccato il più possibile rappresentativo di quanto egli aveva riunito nella magnifica villa Il Salviatino sui colli di Settignano.
Si è trattato di andare a ritroso, alla ricerca di ciò che lo scrittore, giornalista e critico acquistò, molto oculatamente, in decenni di ricerche e frequentazioni di artisti e galleristi. Già all’indomani della morte, infatti, il suo patrimonio fu oggetto di una dispersione che si completò con la cessione della villa, trasformata in albergo. Arredi, opere d’arte, ma anche il grande archivio, vennero ceduti in momenti e ad acquirenti diversi, rendendo difficile risalire all’intero compendio artistico-documentario. Le ricerche condotte in previsione della mostra hanno consentito di ridare innanzitutto forma ai documenti d’archivio (molti dei quali inediti e inesplorati) e, grazie a questi, risalire all’ingente collezione. Il lungo lavoro ha evidenziato come i nuclei originari e fondanti risultino le ricche raccolte dell’Ottocento e del primo Novecento, in cui trovavano posto sezioni monografiche dedicate ai Macchiaioli tra cui Giovanni Fattori, a Oscar Ghiglia e Libero Andreotti. Le raccolte di pittura e scultura erano arricchite da un’imponente corpus di grafica, prevalentemente otto e novecentesca. Sulla base delle testimonianze fotografiche e d’archivio è cominciata quindi la ricerca delle opere, spesso passate più volte di mano e quindi difficilmente rintracciabili.
Per la prima volta a distanza di quasi mezzo secolo, il Centro Matteucci riunisce i pezzi più preziosi e rappresentativi del corpus moderno – e dunque essenziale – della collezione: da Fattori a Borrani, da Signorini a Pellizza da Volpedo, da Ghiglia a Felice Casorati, insieme a sculture di Libero Andreotti e Marino Marini. I risultati del lungo scavo negli archivi privati del critico consentono, finalmente, di tracciare la fisionomia di una delle più prestigiose e rappresentative raccolte d’arte italiana della prima metà del Novecento. Rivelando un’esperienza collezionistica unica, non solo perché puntuale riflesso di quei principi del classicismo neo-tradizionalista che guidavano la disposizione critica di Ojetti, ma soprattutto perché proiezione del suo rapporto elettivo con gli artisti prediletti, conseguenza dell’alta e assolutamente nuova concezione del ruolo del critico d’arte. La storia delle opere selezionate offre così l’occasione per ricostruire la vera portata, le dinamiche e le implicazioni del ruolo di mecenate, di protettore, di guida teorica e committente svolto da Ojetti anche attraverso l’attività pubblica. Ripercorrere da vicino la genesi e gli svolgimenti di rapporti intensi e, spesso, assai controversi, come quelli con Ghiglia e Andreotti; tessere la rete articolata delle relazioni intrattenute con i colleghi giornalisti e critici, con galleristi, antiquari e collezionisti, per meglio valutarne la sua funzione di guida.
La mostra pone, dunque, all’attenzione e alla memoria storica una vicenda culturale e umana che non trova termini di confronto nel panorama del tempo, aggiungendo un contributo importante all’arte e al collezionismo italiano del primo Novecento.